domenica 24 aprile 2022

Cinema Tv Teatro : A tu per tu con Filippo Barone in "C’era una volta il Grande Torino".


Desirée Fadda intervista l'attore, insegnante drammaturgia Filippo Barone in "C’era una volta il Grande Torino"





Chi è Filippo Barone?

Un ragazzo che ha amato il teatro fin da bambino grazie al papà Vincenzo che lo ha fatto innamorare di questo mondo, sostenendolo sempre anche e soprattutto quando Filippo stesso non ci credeva più.

Ho cominciato all’età di quattordici anni in un allestimento de “La tempesta” di Shakespeare e da allora non mi sono mai più allontanato dal teatro. I “Grazie” che devo distribuire qua e là sono tanti, dai miei insegnanti come Pino Distaso passando per Paolo Zaltron, fino a Michele Monetta, Lorenzo Salveti e Andrea De Manincor (che sarà in scena con me il 4 maggio). Ma senza mio padre oggi non potrei essere qui a raccontarti di me.


Scrivere per il teatro oggi è?

Una sfida. Sia da un punto di vista professionale che umano. È una scoperta continua, un bisogno quasi “ossessivo” di raccontare qualcosa a qualcuno, nella speranza che ti vengano prestate orecchie (come diceva William Shakespeare) per ascoltare e consigliarti, perché le critiche sono (quasi) sempre costruttive. 

Il nostro mondo è complicato e negli ultimi anni si è creata una spaccatura ancora più grande tra noi “mestieranti del teatro”, laddove chi ha la bravura e la fortuna di lavorare in circoli importanti a livello nazionale quasi irride coloro che invece lottano con le unghie e con i denti per vivere di teatro in contesti più piccoli. Sta diventando sempre più una lotta di classe tra chi crede di fare un teatro di “Serie A” e, a detta loro, tutti gli altri che invece praticherebbero un teatro di “Serie B”. La colpa è delle istituzioni di questo paese che hanno investito poco e male le risorse destinate alla cultura; alla danza, al teatro, alla musica ed hanno permesso che quel poco se lo spartissero pochi “eletti”. Per questo dico che è una sfida, poiché dobbiamo lottare con tutto ciò che abbiamo per vivere di teatro.


Cosa sente quando è in scena?

In scena, ultimamente, ci sono stato poco. Ho dedicato gli ultimi sei anni a scrivere testi teatrali. Ho avuto la fortuna di entrare a far parte di una stupenda realtà come “Casa Shakespeare”, una compagnia professionale di teatro shakespeariano di Verona diretta da Solimano Pontarollo. 

Con loro e grazie a loro ho trovato il mio posto nel mondo. Verona è una città che amo, che mi completa e mi riempie e Casa Shakespeare è il contesto migliore in cui abbia mai lavorato e dove ho modo di emozionarmi sempre, ogni giorno. Solimano e Andrea (De Manincor) sono Direttori e Maestri che hanno dato fiducia ai miei lavori ma che mi hanno soprattutto aiutato a crescere.


Portare in scena "C'era una volta il Grande Torino" cosa rappresenta per lei?

Un’emozione indescrivibile. Non posso negare che il nostro spettacolo abbia momenti autobiografici molto forti; la prima persona al mondo che mi parò degli Invincibili fu mio nonno paterno Augusto, che ora non c’è più. Ricordo che un pomeriggio di primavera, per tenermi occupato e tranquillo perché io giocavo a calcio nel salotto di casa dei nonni, mi iniziò a parlare di questa squadra meravigliosa come se mi stesse narrando l’Iliade. Ho questo fermo immagine nel cuore di lui seduto sul divano ed io a gambe incrociate per terra ad ascoltarlo. Così ho voluto che nel nostro spettacolo lo spunto partisse da lì, con un piccolo grande bambino meraviglioso come Diego Coppola, che ha 8 anni ed è un talento della danza, che interpreterà me da ragazzino. Ecco perché il testo è dedicato a lui.

Ovviamente questo è solo il contorno della narrazione; dentro, come è ovvio, abbiamo raccontato del Toro e lo abbiamo fatto mettendoci nei panni del Presidente Ferruccio Novo, del Direttore Tecnico Egri Erbstein e del Capitano Valentino Mazzola ma raccontando anche di tutti gli eroi di quella compagine.

Andrea ed Alberto (Barbi) sono due attori meravigliosi e mi hanno preso letteralmente per mano, con le loro idee e la loro esperienza, aiutandomi a far emergere tutte le emotività che stavo ricercando nel raccontare questa storia. L’umanità, la delicatezza ed il rispetto con cui sono entrati nei personaggi di Ferruccio Novo ed Egri Erbstein è possibile solo per attori eccezionali ma soprattutto per persone dal cuore grande.



Filippo Barone, ha realizzato i sogni che aveva da bambino? Sono uguali a quelli di adesso?

Negli anni si sono modificati, sviluppati o evoluti. Naturalmente sono ambizioso ma crescendo sono diventato più pragmatico ed ora so quale vorrei che fosse il mio punto d’arrivo. Sogno di diventare un domani Direttore Artistico di un teatro o di una Compagnia e magari chissà, avere una scuola di formazione per giovani attori ed attrici. Significherebbe che in questo Paese è ancora possibile fare teatro per vivere…

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