lunedì 10 febbraio 2020

A tu per tu con Luisella Urietti





In che cosa consiste il lavoro del Life Teaching?

Mi definisco Life Teaching perché il mio lavoro ha a che fare con l'apprendimento/insegnamento e non con una terapia. Il mio obiettivo primario è insegnare, alle persone che si rivolgono a me, a riconnettersi con il proprio corpo. Ciò è paradossale perché noi SIAMO il nostro corpo. In realtà la maggior parte di noi, nel tempo, si è allontanata da esso, perdendo per questo salute e benessere. Eppure è cosi facile: da piccoli sapevamo quello che ci faceva star bene; poi lo abbiamo dimenticato. Infatti ci lasciamo facilmente condizionare - rispetto a decisioni lavorative e personali, cure mediche, sport da praticare, ecc... - anche quando avvertiamo piccoli segnali che qualcosa, da qualche parte dentro di noi, non va. Questo perché quella preziosa e innata conoscenza – pur latente - è ancora presente.
Da adulti, per riappropriarci di essa, dobbiamo operare un cambiamento: ascoltare il nostro corpo.
Che mai vorrà dire? Il corpo manda segnali continuamente, usando un volume sempre più forte fino a quando siamo costretti (normalmente dal dolore) a dargli retta. Questo processo è iniziato anni prima. Anni durante i quali noi non abbiamo proprio “sentito”, e per questo nemmeno capito, che cosa ci voleva comunicare.
Perché?
La maggior parte di noi non ha dimestichezza con la cura della propria salute, perché ci è stato insegnato a delegare il nostro benessere a dottori e specialisti, formati per risolvere i nostri problemi.
Abbiamo completamente dimenticato che per il benessere quotidiano (base del benessere generale) e per i piccoli disturbi che possono comparire, i migliori “medici” siamo proprio noi stessi. Tale atteggiamento può rivelarsi estremamente utile anche qualora dovessimo ricorrere a uno specialista: saremmo molto più precisi nel fornire informazioni circa il nostro sintomo/disturbo, aumentando le possibilità di successo della cura.
È per questo motivo che da quasi 20 anni mi occupo di educare le persone alla consapevolezza di sé, che passa, in primis, attraverso la consapevolezza del proprio corpo.
Imparare a fare una pausa e in un secondo tempo a staccare la spina. Aumentare il livello di attenzione, dirigerlo


Come ha sviluppato questa sua dote ?

Credo che ognuno di noi possieda questa dote in una qualche misura. È un talento che comprende l'empatia, l'ascolto, la capacità di prestare attenzione e il desiderio di mettere in grado le persone di occuparsi di sé: altrimenti detto, renderle libere.

Ma il talento ha bisogno della competenza per trasformarsi in una professione.
Fin da piccola, cresciuta un po' come Heidi, ero molto interessata alla natura che mi circondava. Ho imparato moltissime cose anni prima di andare a scuola. Quando ho imparato a leggere, mi sono appropriata di uno strumento “magico” che mi ha aiutata tantissimo a sopportare l'estrema solitudine che mi circondava.
Ma non bastava.
Io avevo bisogno di qualcuno, di un essere umano... avevo bisogno di suggerimenti, di attenzione, di ascolto; al mio fianco però non c'era fisicamente nessuno che potesse fare questo.
Allora mi sono rivolta allo studio (lettura, università, master e corsi internazionali), attività che continuo, sotto forma di aggiornamento costante.
Studio da oltre trent'anni (oltre dieci all'estero), ho letto migliaia di libri e fatto – e faccio ancora – esercizi fisici quotidiani uniti a varie forme di “meditazione” per allenare l'attenzione.

Il mio obiettivo è migliorarmi di giorno in giorno attraverso uno strumento meraviglioso che però richiede allenamento continuo: la consapevolezza.
Lo scopo: offrire supporto e strumenti a tutte le persone che desiderano conoscersi più a fondo per stare meglio fisicamente e psicologicamente, e per operare scelte - personali e lavorative - in linea con il proprio sentire, le proprie inclinazioni e i propri talenti.
Sono diventata la persona che avrei voluto avere al mio fianco da ragazza, soprattutto nei momenti difficili.

 Quale aspetto negativo ha trovato in questa professione?


Questa professione ha 2 aspetti negativi.

Uno è legato ad una condizione basilare: la persona che si rivolge a me deve coinvolgersi nel processo di apprendimento, nel senso che deve impegnarsi a fare qualcosa e poi farlo concretamente. Intendo dire:deve partecipare e quindi prestare attenzione, provare a fare movimenti e respirazioni che non aveva mai fatto prima, prendere consapevolezza di avere muscoli... sconosciuti. Accettare di sentire la propria rigidità – e quindi anche la propria resistenza mentale – rispetto al fatto di introdurre novità nella propria vita. Cambiamenti che auspica, ma che per realizzarsi, una volta individuati e scelti, richiedono azioni dirette, precedute da esercizi di vario genere che potremmo definire di preparazione (specifici per ogni soggetto fisici, di attenzione, di scrittura, di cambiamento di piccole abitudini, ecc...). Questi esercizi, ai quali ognuno decide quanto tempo dedicare, sono una piccola rivoluzione nella routine personale (anche se si tratta di pochi minuti al giorno) e, come tali, implicano incredibili resistenze.
Il secondo aspetto riguarda il fatto che le persone che si rivolgono a me lo fanno perché stanno attraversando un periodo durante il quale, da sole, non riescono più a far fronte a una qualche difficoltà. Superato questo momento, tornano nel mondo più consapevoli, più sane, più forti e con una cassetta degli attrezzi che sarà per sempre a loro disposizione.
Ma fanno molta fatica a parlarne con qualcuno che, a sua volta, ne avrebbe bisogno.
Anche per questo motivo ho scritto il libro CambiAmi la vita... per fornire testimonianze reali che: “La vita potrebbe essere più leggera se non fossimo convinti che bisogna sempre dimostrarsi forti, audaci e autonomi. Se potessimo permetterci ogni tanto di dire Non lo so o Ho bisogno di aiuto. Se accettassimo l'idea che, nei momenti difficili, avere a fianco un alleato è molto meglio che essere da soli”.

Dato che impiega molte delle sue energie verso il prossimo in che modo riesce a non sderenarsi?

Il mio traning quotidiano, costituito da una serie di esercizi fisici e non (quelli che io chiamo i miei allenamenti), unito all'attenzione costante sia alla respirazione - che soprattutto durante le sedute non dev'essere minimalista - sia a non contrarmi muscolarmente, quando ascolto e/o leggo nel corpo della gente storie di dolore fisico ed emotivo.
Ecco, non è difficile, ma... bisogna farlo e soprattutto bisogna ricordarsi di farlo,
tutti i giorni.
Io per prima, se non voglio danneggiarmi, devo fare esattamente quello che chiedo ai miei clienti: allenarmi.
Inoltre, la grande soddisfazione nel vedere le persone avvicinarsi a se stesse e fare pace con il proprio corpo, imparare ad accettarlo e, nel tempo – processo affatto facile – arrivare ad amarlo, è una fonte di gratificazione enorme che mi fa star bene e mi rende felice.


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